25
Set

Un nuovo approccio alla streptococcosi

Problematica sanitaria frequente nei nostri animali, è la principale causa di impiego di antibiotici nella fase di svezzamento. La prevenzione di tipo diretto non è facile, a causa della presenza di suini clinicamente asintomatici ma portatori dello streptococco, mentre la prevenzione di tipo indiretto, vaccinale, è complicata dalla presenza di oltre 30 sierotipi.

A cura del Servizio Veterinario Maberth

La streptococcosi suina: un’infezione ubiquitaria e difficile da contrastare

Streptococcus suis è un batterio presente in modo naturale nel tratto respiratorio superiore dei suini, ma anche nel tratto digerente e genitale. Fino al 100% dei suini in un allevamento possono essere portatori, ossia, hanno le colonie di batteri, ma non mostrano sintomi clinici. I suini portatori possono però trasmettere la malattia ad altri animali. In effetti, l’incidenza della malattia può raggiungere il 20%, anche se in campo viene solitamente mantenuta al di sotto del 5% a causa dell’uso estensivo e routinario di antibiotici, in particolare amoxicillina. Infatti, le infezioni da S. suis sono una delle principali cause dell’uso di antimicrobici nei suinetti a scopo terapeutico o metafilattico. Per ridurre l’uso degli antimicrobici, la prevenzione della malattia da S. suisdovrebbe concentrarsi sulla gestione dei fattori predisponenti e sulla vaccinazione. Riguardo a quest’ultima, il problema è che S. suis è dotato di una notevole variabilità genetica ed antigenica e la resistenza crociata tra sierotipi diversi risulta nulla o in alcuni casi parziale. Per questo motivo, nonostante un’intensa attività di ricerca, che ha portato all’individuazione di diversi antigeni candidati alla produzione di un vaccino “universale”, finora non è stato commercializzato alcun vaccino universalmente efficace. Oggi, i vaccini inattivati stabulogeni rappresentano quindi l’unica opzione disponibile in campo, ma la loro efficacia è variabile, anche per la possibile contemporanea presenza di differenti sierotipi nello stesso allevamento e la difficoltà ad individuare quelli che causano i problemi clinici e di conseguenza hanno rilevanza ai fini del conferimento di protezione.

 

UN APPROCCIO INNOVATIVO AL PROBLEMA STREPTOCOCCOSI

Un recente approccio al contrasto alle infezioni da Streptococcus suis, senza dovere ricorrere alla somministrazione di antibiotici, si basa sullo studio approfondito dei fattori di virulenza e soprattutto sui meccanismi che questo batterio mette in atto al fine di eludere i meccanismi di difesa dell’ospite e l’attività degli antimicrobici.

Infatti, è stato visto che S. suis è tra le specie batteriche che anche in vivo (suini), e non solo in vitro (laboratorio), possiede la capacità di formare il “biofilm”.

I biofilm batterici sono comunità microbiche adese ad una superficie inerte o ad un tessuto e sono racchiuse all’interno di una matrice complessa. La loro formazione prevede diverse fasi: i batteri “liberi” si attaccano in modo reversibile ad una superficie, formano una microcolonia e producono una matrice polimerica attorno al biofilm. Una volta stabilito, il biofilm può liberare singole cellule batteriche per colonizzare altre nicchie dove possono formarsi nuovi biofilm.

I biofilm batterici possono essere trovati nella maggior parte degli ambienti del nostro pianeta e il corpo animale non fa eccezione. Costituiti da cellule microbiche racchiuse in una matrice di polimeri extracellulari, i biofilm consentono ai batteri di sequestrarsi in nicchie favorevoli, aumentando al tempo stesso la loro capacità di resistere a numerosi stress e di sopravvivere in circostanze ostili. Negli ultimi decenni, i biofilm sono stati sempre più riconosciuti come uno dei principali contributori alla patogenesi delle infezioni croniche. Tuttavia, i biofilm si trovano anche all’interno o su determinati tessuti di individui sani e le loro specie costituenti non sono limitate ai soli batteri patogeni.

Figura 2. Rappresentazione del meccanismo di formazione del biofilm batterico (Li Yi et al. “Antibiotic resistance related to biofilm formation in Streptococcus suis” Applied Microbiology and Biotechnology (2020) 104:8649–8660 https://doi.org/10.1007/s00253-020-10873-9)

 

È noto che molti batteri, compresi gli streptococchi, regolano diversi processi fisiologici attraverso un meccanismo chiamato Quorum Sensing (QS). È stato scoperto che il quorum sensing nei batteri Gram-positivi regola una serie di attività fisiologiche, compresa la sporulazione e l’induzione di fattori di virulenza. Uno dei processi sui quali interviene il QS, che altro non è che un meccanismo di comunicazione tra le diverse cellule batteriche appartenenti alla stessa specie batterica, ed in alcuni casi anche a specie batteriche differenti, è proprio la formazione del biofilm.

Come già accennato, è ampiamente riconosciuto che i batteri che vivono nei biofilm sono più resistenti agli stress meccanici, fisici e chimici. Di conseguenza si è pensato che poter intervenire sul meccanismo che porta alla formazione del biofilm, potesse costituire un efficace mezzo per contrastare le infezioni, laddove esse fossero sostenute da batteri noti per la loro capacità di formare biofilm in vitro (laboratorio) e con evidenze che questo fosse alla base anche dell’instaurarsi e/o del mantenimento dell’infezione in vivo (animale).

Figura 3. Rappresentazione schematica del biofilm batterico

 

Streptococcus suis, biofilm e Quorum Sensing (QS)

S. suis è in grado di formare biofilm regolati dal quorum sensing. È stato riportato che i ceppi virulenti di S. suishanno una maggiore capacità di produrre biofilm rispetto ai ceppi non virulenti. Nel corso di uno studio in vitro eseguito su 46 ceppi diversi di S. suis, è stata infatti vista una differenza significativa nella loro capacità di formare biofilm. In particolare, la capacità di formare biofilm del sierotipo 9 di S. suis era maggiore del tipo 2 e di tutti gli altri sierotipi. Va però ricordato che ceppi batterici non produttori di biofilm possono venire inglobati nel biofilm prodotto da batteri in grado di produrlo, appartenenti alla stessa specie o specie diversa. Nel sierotipo 9, è stato riportato che l’aggregazione in di S. suis in biofilm comporta, tra l’altro che, se ingeriti, questi sarebbero protetti dal basso pH nello stomaco, e questo fatto sembrerebbe poter favorire la colonizzazione dell’intestino. Non solo, oltre alla formazione di biofilm a livello tonsillare, fattore di persistenza e resistenza di Streptococcus suis nei casi di infezione cronica in suini sintomatici e asintomatici (“portatori sani”), è stata riscontrata la formazione di biofilm da parte di S. suis anche nel caso di meningite nei suini.

Come detto, nel processo di formazione del biofilm, il meccanismo di comunicazione intercellulare denominato Quorum Sensing (QS) svolge un ruolo fondamentale. Anche la resistenza agli antibiotici di Streptococcus suis, perlomeno quella legata alla formazione del biofilm, sembra essere mediata dal meccanismo del QS. Oltre a ciò, il QS è importante per altri processi fisiologici di S. suis. In particolare, la sopravvivenza di S. suis nel tratto respiratorio, un fattore chiave nella sua trasmissione per via aerogena e nell’infezione respiratoria, è principalmente associata al suo fattore di virulenza, il polisaccaride capsulare (CPS). Il CPS svolge un ruolo nell’adesione ed è un fattore di virulenza cruciale che facilita l’invasione batterica delle cellule ospiti. È stato scoperto che anche nella formazione del CPS, il meccanismo di QS svolge un ruolo determinante.

Gli Inibitori del Quorum Sensing

A seguito di queste evidenze scientifiche la ricerca si è focalizzata verso composti chimici in grado di interferire con questi meccanismi di comunicazione intercellulari batterici. Sono state individuate e studiate sostanze presenti in natura in grado di interferire a diverso livello con il meccanismo di QS. Questo processo di ostacolo al QS prende il nome di Quorum Quenching ed il suo scopo è quello di inibire la produzione di fattori di virulenza e prevenire formazione di biofilm, indotti dal QS. L’azione degli inibitori del QS (QSI) si basa, quindi, sull’inibizione dei fattori di comunicazione e di virulenza, piuttosto che sull’uccisione o sull’inibizione della crescita dei microrganismi. Sebbene esistano molti meccanismi che non sono stati studiati a fondo, i bersagli principali sono stati scoperti. Oggigiorno, affiancati agli inibitori del QS di origine naturale, ne esistono anche altri prodotti per sintesi, che sono stati creati partendo dallo studio dei primi e cercando di massimizzare la potenza e la specificità d’azione. Anche le nanomolecole e nano- e microcomposti, quali ad esempio quelli a base di argento e ossido di zinco sono stati segnalati come efficaci quenchers (inibitori) del quorum, possedendo la capacità di inibire la formazione di microcolonie batteriche e di conseguenza riducendo la formazione del biofilm e alterandone la struttura.

I principali meccanismi inibizione del QS (QSI) sono:

  • Inibizione della sintesi delle molecole segnale;
  • Inattivazione o degradazione enzimatica delle molecole segnale;
  • Competizione con le molecole segnale a livello dei recettori;
  • Blocco delle reazioni a cascata attivate del segnale.

I QSI sono quindi alternative promettenti agli antibiotici per il trattamento delle infezioni batteriche. Rispetto agli antibiotici tradizionali, l’interferenza con i sistemi QS è un nuovo mezzo per combattere lo S. suis, che non è influenzato dall’antibiotico-resistenza e non la induce. I QSI di S. suis sono allo studio per la loro capacità di attenuare la virulenza batterica e la formazione di biofilm e si presume che i batteri avrebbero più difficoltà a sviluppare resistenza ad essi, rispetto agli antibiotici.

La tecnologia QSA e Maberth

Nell’ambito della ricerca volta ad individuare, selezionare, purificare e concentrare QSI di origine naturale, è stata sviluppata e brevettata, da parte di un nostro partner internazionale, una particolare tecnologia denominata QSA. La tecnologia QSA riduce la necessità di dovere ricorrere agli antibiotici per una serie di infezioni animali, alterando il biofilm batterico mediante l’impiego di molecole vegetali selettive.

Figura 4. Rappresentazione schematica dell’azione della tecnologia QSA

 

Nell’ambito della suinicoltura, i risultati di questa tecnologia appaiono particolarmente promettenti, in particolare proprio nei confronti di Streptococcus suis. Con l’intenzione di massimizzarne il potenziale in ambito italiano, Maberth con un suo partner internazionale ha creato un protocollo di lavoro destinato ai suinetti in fase di svezzamento. I primi dati raccolti a livello italiano confermano i buoni risultati visti all’estero e appaiono molto promettenti.

Occorre infine evidenziare che diverse ricerche, volte ad ampliare la comprensione dei meccanismi di virulenza di S. suis, hanno evidenziato l’importanza della composizione dei mangimi, cosiddetta “strategia nutrizionale”, nell’ambito di un approccio integrato alla streptococcosi suina.

Sul sito dell’azienda, www.maberth.it, è possibile consultare una newsletter sempre aggiornata sulle novità del settore suinicolo e una serie di articoli relativi alle principali problematiche di natura sanitaria, e non solo, dell’allevamento suino. È anche possibile scaricare un’App gratuita in cui vengono forniti tutti i dati settimanali riguardanti le quotazioni di mercato nazionali ed internazionali delle materie prime, dei suini e della carne.

La bibliografia è a disposizione degli interessati, rivolgendosi a: marketing@maberth.it