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Apr

Strategia Sanitaria: passare dalla Terapia alla Prevenzione

La strategia sanitaria è uno dei pilastri più importanti per la riduzione dell’impiego degli antibiotici in un’ottica Antibiotic free. Il ruolo del Veterinario aziendale diventa fondamentale per impostare una corretta ed efficace strategia sanitaria. Scopriamo quali sono i passaggi fondamentali per passare dalla Terapia alla Prevenzione

Il concetto della prevenzione è un tema apparentemente chiaro da capire, ma a volte difficile da mettere in pratica. Questo succede perché l’attenzione verso il prevenire richiede un cambio di mentalità difficile da affrontare. Il vero cambiamento nasce dal pensare a lungo termine, anziché solamente all’immediato, e si concretizza nel passare da un approccio reattivo a uno propositivo.

 

Grafico 1: Vendite di antibiotici veterinari in Spagna (mg/PCU*), cioè mg/Kg di biomassa stimata (PCU – Popolation Correction Unit) (Tratto da: “Strategie di riduzione degli antibiotici negli allevamenti di suini: strategie di successo a livello di allevamento” website 3tre3 del 27 Novembre 2020)


Prevenire non è (soltanto) vaccinare
Diciamola tutta: almeno tra i veterinari, per prevenzione si intende la vaccinazione. È vero che la strategia sanitaria da adottare per ridurre l’impiego di antibiotici in azienda si basa in gran parte sull’impiego corretto dei vaccini, ma se pensiamo a tutti i fattori predisponenti le infezioni e a tutti i meccanismi di difesa dell’organismo animale nei confronti delle infezioni, è evidente che le azioni da compiere vanno oltre il semplice vaccino:

  1. Prestiamo attenzione ai primi segni clinici o addirittura premonitori di una malattia: in particolare non sottovalutiamo mai una riduzione dell’assunzione di alimento, o una variazione dell’assunzione di acqua (purtroppo difficilmente misurabile, ma può funzionare come un campanello d’allarme).
  2. Per trattare meno è opportuno trattare prima: sembrerebbe un controsenso, ma prima trattiamo i suini malati, meno saremo costretti a estendere la terapia al resto del gruppo o addirittura del capannone. Terapia che, a quel punto, per comodità diventa spesso orale.
  3. Usiamo i box infermeria: i suini malati andrebbero allontanati dal resto del gruppo, sia per ridurre il rischio di trasmissione dell’infezione, sia per il loro stesso benessere.
  4. Ricordiamoci che un intestino sano è alla base di un suino sano (e viceversa): ne parleremo meglio nel prossimo numero di questa serie, ma lo anticipiamo qui: tutto ciò che causa lesioni intestinali, alterazione della motilità gastrointestinale o del microbiota (l’insieme di microrganismi che normalmente vivono a livello intestinale, come commensali o simbionti), prima o poi porta a problemi di sanità.
  5. Non dimentichiamoci dei parassiti: la lotta ai parassiti, in particolare ai vermi intestinali – ascaridi in primis – non solo migliora le performance zootecniche, ma riduce le infezioni intestinali e quelle respiratorie (secondarie alla migrazione delle larve a livello polmonare). Senza dimenticare la riduzione o eliminazione delle lesioni epatiche in sede di macellazione. Impostare dei piani di controllo dei parassiti intestinali e della rogna non è soltanto utile, è necessario.

 

Tabella 1: Criticità e soluzioni nell’allevamento suino, la fase di sottoscrofa (Tratto dalla presentazione delle “Linee guida sull’uso prudente degli antibiotici nell’allevamento suino”: Giuseppe Merialdi, 13/06/2018, Bologna)

 

Prevenire è anche vaccinare

Come dicevamo, la vaccinazione resta alla base di una strategia sanitaria per la riduzione dell’uso di antibiotici. Ma è efficace soltanto se eseguita in modo strategico e corretto. Ecco alcuni suggerimenti.

Quali vaccini usare?

A parte quelli obbligatori – laddove ce ne siano – come facciamo a sapere quali vaccini impiegare? La risposta più frequente – e sbagliata – è di “usare i vaccini contro le malattie che mi stanno attualmente causando dei problemi, o che me ne hanno causati in passato.”

Questa risposta purtroppo non tiene conto di quattro fattori:

1) Alcune malattie vengono sottostimate o sovrastimate, in quanto gli si attribuisce una importanza, in termini di prevalenza e/o danni sanitari-zootecnici, differente da quella reale;

2) Non è detto che un patogeno che ci ha causato un determinato problema in passato sia ancora presente. È possibile che manifestazioni cliniche simili a quelle viste in passato siano attualmente causate da un altro patogeno.

3) I vaccini sono uno strumento di prevenzione, quindi la logica vorrebbe che venissero usati anche (se non addirittura di più!) i vaccini nei confronti di malattie che in allevamento non si sono ancora manifestate, ma per le quali esiste comunque un rischio concreto di comparsa. L’ingresso di un nuovo agente patogeno in azienda comporta sempre una situazione di forte instabilità, ed è potenzialmente molto grave.

4) Fino a pochi anni fa ci si poteva concedere il lusso di non prendere nemmeno in considerazione i vaccini per alcune malattie batteriche, dato che il patogeno in questione era largamente controllato dall’uso “generoso” degli antibiotici (es. Streptococcus suis, Lawsonia intracellularis). Oggi la situazione è molto cambiata e domani lo sarà ancora di più.

Detto questo, anche per i vaccini vale la regola del ritorno economico. Infatti, al di là di altre considerazioni quali la necessità di ridurre l’impiego di antibiotici a prescindere dal loro costo, è sempre opportuno e naturale considerare il Ritorno sull’Investimento (ROI).

La regola vuole che il ROI sia sempre maggiore di 1. Pertanto, se la vaccinazione verso una determinata malattia mi costa 2 €/suino, il guadagno in termini di riduzione delle perdite (morti, scarti) della spesa in antibiotici, di miglioramento della resa alimentare e dell’accrescimento, deve essere superiore a 2 €/suino. Ma attenzione: nel costo della vaccinazione va considerato non solo il prezzo del vaccino, ma anche il costo della manodopera per vaccinare, eventuali riduzioni di incremento ponderate nel periodo immediatamente dopo la vaccinazione, rischio di effetti collaterali, ecc.

 

Tabella 2: Principali effetti della vaccinazione vs. M. hyo (D. Maes, Atti Simposio Schering-Plough Animal Health “La vaccinazione contro M.hyopneumoniae, nuove frontiere della ricerca, 24-25 gennaio 2003)

 

Vaccinazione? No, immunizzazione

Il vaccino in sé ha scarso valore, se non sappiamo come è stato usato. Per fare un semplice esempio, una vaccinazione intramuscolare nel grasso oppure intradermica in corrispondenza di una crosta di sporco, compromettono l’efficacia del vaccino. Ma anche vaccinando correttamente si corre il rischio che l’animale – o meglio il gruppo di animali – non sia protetto adeguatamente, ad esempio se la vaccinazione viene eseguita in animali immunocompromessi, o se non viene richiamata quando indicato, oppure se viene praticata ad un’età sbagliata.

È il caso, per esempio, della vaccinazione eseguita in suinetti troppo giovani: il rischio è che siano ancora presenti nell’animale gli anticorpi di origine materna (AM), assunti con il colostro, nei confronti della malattia in questione. Livelli elevati di questi anticorpi possono interferire con la vaccinazione, perché legandosi al vaccino iniettato (c.d. effetto “blanketing”), ne riducono o annullano del tutto la capacità immunizzante. Se poi vacciniamo le scrofe per trasferire l’immunità ai suinetti, come nel caso dei vaccini contro la diarrea neonatale o la rinite atrofica, subentra un’altra variabile: i suinetti vengono colostrati adeguatamente?

Grafico 2: Intervallo di età per la vaccinazione nei confronti del PCV2. (Tratto da: “Quale è l’età migliore per la vaccinazione dei suinetti nei confronti del PCV2? Articolo di Segalés J. et al. del 7 Settembre 2015 su website 3Tre3)

 

Orientarsi tra i prodotti “alternativi”

Esistono prodotti che pur non essendo autorizzati come medicinali veterinari, non possono neanche essere considerati semplici alimenti. Si tratta di prodotti che, pur venendo perlopiù assunti per via orale mescolati all’alimento vero e proprio – o più raramente, ad esempio nei suinetti sottoscrofa, anche somministrati direttamente in bocca – non hanno una funzione nutritiva, ma piuttosto regolatrice delle funzioni vitali (intestinale, immunitaria, ecc.). Si tratta di prodotti fitoterapici, probiotici e prebiotici (oggi si parla anche di post-biotici), regolatori enzimatici, catturanti e inattivanti di tossine batteriche e altre categorie di prodotti, che possono aiutare in modo sostanziale a ridurre l’impiego di antibiotici. La scelta di un fornitore qualificato e le condizioni di impiego di questi prodotti fanno la differenza e, se inseriti in un piano di graduale riduzione dell’impiego degli antibiotici (e, perché no, dell’ossido di zinco), possono portare a ottimi risultati.

Ma attenzione: se pensiamo di sostituire “tout court” un antibiotico con uno di questi prodotti, la disfatta è dietro l’angolo.

Chiunque si basi su conoscenze farmacologiche classiche potrebbe dubitare o stupirsi degli effetti di tali prodotti. Ma le proprietà curative delle erbe sono in fin dei conti note fin dall’antichità e, per quanto riguarda i probiotici e prebiotici, la regolazione delle funzioni intestinali allo scopo di prevenire o curare delle malattie anche gravi è cosa nota e risaputa anche tra i dietologici “umani”, oltre ad essere oggetto di ricerche e avanzamenti scientifici rilevanti.

 

Orientarsi tra i prodotti “correttivi”

Si tratta di quei prodotti che vengono usati per correggere delle situazioni non fisiologiche o “fuori scala” dell’animale, degli alimenti o dell’acqua. Una categoria piuttosto utilizzata è quella degli acidificanti. Essi possono presentarsi in forma solida da mescolare al mangime, ad esempio per abbassare il pH gastrico nei suinetti dopo lo svezzamento e/o per ridurre il pH complessivo degli alimenti somministrati; oppure possono essere liquidi, da miscelare all’acqua da bere, sempre allo scopo di ridurre il pH gastrico dei suinetti nel post svezzamento, per correggere il pH dell’acqua e/o per ridurre la crescita di batteri e altri microrganismi all’interno delle tubature idriche (dopo averle adeguatamente deterse, disinfettate e risciacquate).

L’efficacia degli acidificanti nel ridurre i problemi sanitari, principalmente intestinali, è dimostrata da numerosi studi ed esperienze. È importante, in questo caso, scegliere miscele di acidi organici. Oggi ne esistono di diversi tipi, anche associate a oli essenziali di origine vegetale, con i quali sembrano avere un’azione sinergica, in particolare nel contrastare le infezioni da Gram-negativi. Il consiglio è di evitare di giocare “al piccolo chimico” utilizzando acidi inorganici (acidi minerali) forti, come l’acido cloridrico: i rischi di corrodere le mani, eventuali pompe dosificatrici e tubature, o persino i suini stessi, non sono per niente trascurabili!

 

Immunostimolanti

È stato dimostrato che è possibile indurre uno stato di protezione verso più specie batteriche, stimolando il sistema immunitario con delle componenti strutturali batteriche che accomunano tali specie. Questo fatto sembra essere conseguente alla natura policlonale delle risposte anticorpali. Ad esempio, gli anticorpi anticapsulari aumentano la fagocitosi verso numerosi agenti patogeni quali, ad esempio, Actinobacillus, Streptococcus, Pasteurella. Le risposte anticorpali alle proteine ​​della membrana esterna degli organismi Gram-negativi aumentano la fagocitosi, l’attivazione del complemento o inibiscono l’adesione batterica alla cellula ospite. Anche le risposte immunitarie umorali dirette contro il lipopolisaccaride (LPS) di molti organismi Gram-negativi, come l’E. coli, aumentano la fagocitosi e l’attivazione del complemento in modo aspecifico.

L’impiego di questi immunostimolatori biologici è stato testato in vivo, valutandone la protezione indotta nei confronti delle infezioni da organismi opportunisti. Il POLI-IF (virus di Newcastle più endotossina di E. coli e adiuvante incompleto di Freund) induce rapidamente un’immunità aspecifica. Somministrato due volte con un intervallo di 7-10 giorni, in occasione di uno stress programmato (svezzamento, trasporto, affollamento), ha dimostrato la sua efficacia sia nei vitelli da latte che nei suinetti in svezzamento.

 

Conclusioni

L’atteggiamento attivo verso la prevenzione, i corretti comportamenti e gli strumenti adatti possono rendere una strategia sanitaria ancora più efficace nel ridurre l’uso di antibiotici. Inoltre è importante pensare in un’ottica a lungo termine, quindi non solo a tamponare il problema sanitario di oggi, ma a cosa fare affinché esso non si ripresenti più in futuro, o perlomeno non con la stessa gravità.

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Il Team Maberth

Nel prossimo numero: parleremo di alimentazione e di come “mettersi nei panni del suino” può essere la base di un’ottima strategia alimentare. Non perderti il quinto Pilastro della nostra strategia per migliorare la salute animale, ridurre l’uso di antibiotici e aumentare il profitto dell’Azienda!